Non induce certo all’ottimismo quanto abbiamo ascoltato nel corso del dibattito finale del Festival del Giornalismo d’inchiesta. Un dibattito il cui tema è stato ‘’Soluzione finale, ovvero il bavaglio all’informazione”. ‘’La democrazia - ha dichiarato il procuratore aggiunto di Palermo Roberto Scarpinato - in Italia, oggi è in uno stato gravissimo. Al momento ci garantisce solo la Costituzione.
Se questa viene modificata o cancellata, torneremo ad essere il paese di don Rodrigo. Il piduismo operava in segreto quello che adesso si fa alla luce del sole. Con la scomparsa della classe operaia e la smobilitazione delle masse, qualcuno s’è accorto di avere le mani libere. Ci hanno sequestrato la politica, le assemblee sono costituite da nominati dal principe. I pentiti sono stati demonizzati e i magistrati che volevano fare il proprio dovere, come De Magistris e Forleo, sono stati trasferiti. La seconda Repubblica si fonda sulle stragi del 1992 e ‘93 e le istituzioni, in questi anni, sono state invase dalla criminalità”.
E fine intellettuale qual è, Scarpinato ha ricordato che in Italia, da Giordano Bruno in poi, chi ha cercato di opporsi al potere ha sempre fatto una brutta fine. E in tempi più recenti ‘’il Fascismo è stata la risposta della classe dirigente ai primi movimenti socialisti e alle proteste degli operai, dopo secoli in cui la Chiesa faceva credere al popolo che il potere dell’imperatore discendeva da Dio…”. A polarizzare la discussione, però, è stato soprattutto il tema del disegno di legge sulle intercettazioni fortemente voluto dal governo Berlusconi.
‘’La legge sulle intercettazioni - ha detto con estrema chiarezza Antonio Ingroia, anch’egli procuratore aggiunto di Palermo - è la ricerca di impunità a tutti i costi di una classe politica incline a delinquere. E che ha paura della condanna morale dei cittadini. Per questo si vuole imbavagliare la stampa.
Quando vennero approvate le leggi che hanno disincentivato e intimidito i collaboratori di giustizia ci dissero che avevamo a disposizione le intercettazioni per svolgere il nostro lavoro di pubblici ministeri… Il potere - ha proseguito l’allievo di Paolo Borsellino - ha nostalgia della magistratura connivente degli anni ‘60 e ‘70, quella dei porti delle nebbie, degli insabbiamenti, di procuratori generali che dicevano che la mafia non esisteva. Siamo una democrazia dimezzata perché non c’è opposizione, se si eccettua spezzoni di magistratura e parte della stampa. Le prospettive sono sconfortanti. La conquista di una democrazia piena dipende dalla gente”.
Acuto l’ex procuratore aggiunto di Torino Bruno Tinti: ‘’E’ curioso - ha detto quest’ultimo - che le intercettazioni che si vuol abolire siano quelle per i reati tipici della classe dirigente. La gogna mediatica? Ci sono situazione che, pur non penalmente rilevanti, la gente ha diritto a sapere…”.
Il problema è che, talvolta, è la stessa gente a non essere d’accordo, parteggiando, ottusamente, per chi vuol privarla della libertà. Anziché per quei giornalisti che cercano di opporsi ai disegni dittatoriali di alcuni ex iscritti alla loggia P2 di Licio Gelli… ‘’Eliminare le intercettazioni - ha concluso Scarpinato - significa eliminare l’ultimo momento di visibilità pubblica di questo Paese…”. Il potere, insomma, si chiude a riccio e la gente non saprà più nulla sulle grandi malefatte…
(Euno)
Roberto Scarpinato: la democrazia in Italia è a rischio
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