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La questione del Tibet è piuttosto complessa e problematica, per via delle forze e degli interessi che vi ruotano attorno. Innanzitutto c’è la spinta cinese, che ha sempre avanzato pretese di sovranità sulla regione per motivazioni storiche: è proprio questa motivazione che nel 1950 ha portato Pechino a “riprendersi” il territorio reclamato, un territorio il cui controllo permette di avere sia un avamposto strategico nel cuore dell’Asia- cavallo fra India, Nepal e Pakistan- sia uno snodo strategico verso i paesi dell’ex Unione Sovietica. 
Oltre alle valenze geografico-politiche, i cinesi hanno forti motivazioni economiche che li spingono a rimanere presenti sul territorio: prima fra tutte, la possibilità di sfruttare le risorse naturali di cui è ricca l’area in questione. L’acqua da sola, infatti, permette alla Cina attuale di rispondere alle esigenze idroelettriche richieste da una crescita come quella in atto nel Paese, mentre l’import-export frutta all’erario cinese 130 milioni di dollari annui. 
Per ottenere una maggiore penetrazione nel territorio ed un migliore controllo della regione, i cinesi hanno diviso il territorio in cinque regioni diverse, e hanno portato avanti una vera e propria colonizzazione politico-economica dell’area, relegando i tibetani ai ruoli marginali della vita politica, economica e sociale. 
La contestazione della validità del trattato internazionale che nel 1951 ha sancito il riconoscimento della sovranità cinese sul Tibet, la denuncia della violazione dei diritti umani, unitamente all’intensa attività diplomatica del Dalai Lama, hanno indotto la comunità internazionale a interessarsi della situazione in atto in Tibet e ad adoperarsi per una sua risoluzione. Ciò anche grazie alla spinta dell’International Tibet Support Network, una rete di associazioni creata dagli esuli tibetani residenti nei vari paesi e sostenuta dal governo in esilio di Dharamsala, che preme sui governi dei vari paesi proprio per portare le varie amministrazioni al fianco della causa tibetana. 
Concessioni ai tibetani aprirebbero uguali rivendicazioni da parte di altre etnie, rendendo instabile il Paese in più di una regione. 
Da questo punto di vista, l’interesse internazionale è che Pechino mantenga il suo ruolo di punto di riferimento dell’area e, nello stesso tempo, il pur ribadito impegno verso il Tibet- comunque non rivolto all’indipendenza dello stesso - viene sacrificato a possibilità e necessità economiche ben più concrete: gli Stati Uniti, infatti, se da una parte hanno espresso solidarietà alla causa tibetana, dall’altra hanno oggi necessità di ottenere da Pechino una fluttuazione della valuta cinese ed un riequilibrio degli scambi commerciali, dato che la Cina ha un enorme surplus su Washington; quanto all’Europa, la preoccupazione per il ristagno dell’economia da un lato e per l’invasione dei prodotti cinesi dall’altro fanno stemperare gli impegni presi a livello formale per il rispetto dei diritti umani in Cina e per la questione tibetana. 
Infine, la situazione è cambiata all’indomani dell’undici settembre e alla politica estera americana che ne è derivata: avendo Pechino impedito- con la chiusura della frontiera con l’Afghanistan- la fuga di Bin Laden nello stato uighuro-musulmano dello Xinjiang, può ora ottenere da Washington un atteggiamento più morbido circa la situazione tibetana. Oltre a ciò gli eventi successivi all’attentato alle torri gemelle, hanno fornito alle autorità pechinesi una legittimazione della repressione in atto in Tibet, giustificata ora come lotta interna ai separatisti e ai terroristi tibetani. 
La comunità internazionale oscilla dunque fra condanne alla Cina e solidarietà al Tibet da una parte, e il soddisfacimento di interessi politici, economici e commerciali più sostanziosi dall’altra: nonostante numerose risoluzioni approvate da vari paesi- in Europa come in Nord America- e l’istituzione di gruppi interparlamentari pro Tibet, i risultati concreti conseguiti a favore di esso sono infatti pochi. 
La coesistenza di tutti questi interessi e soggetti in gioco, rende difficile ogni previsione circa una possibile risoluzione della situazione tibetana nel breve periodo: solo il tempo e la futura combinazione delle diverse spinte permetteranno di capire se e come si risolverà la questione del Tibet.

Emanuele Bonini (Gli aspetti geopolitici del Tibet, tesi di Laurea)

www.tesionline.it

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