Dopo più di un decennio come missionario don Carlo torna a Roma dove ritrova la sua famiglia normalmente allo sbando (un fratello cocainomane che si è dato alla finanza e una sorella mamma di adolescenti emo, entrambi ordinariamente ipocriti). Il nucleo già abbastanza frammentato è messo ulteriormente alla prova dall'arrivo della seconda vita del padre il quale, ormai vedovo, ha un'amante slava di nome Olga molto più giovane di lui con la quale si sente rinato e che vizia senza sosta. Proprio la morte dell'amante tuttavia costringerà don Carlo ad entrare in contatto con Lara, figlia di Olga, diventata proprietaria della casa che una volta apparteneva alla famiglia e dunque capace di tenere i tre fratelli in scacco perchè l'aiutino ad ottenere l'affidamento del figlio.
Come sotto il don Giulio di La messa è finita si intravedevano i problemi di Michele Apicella (cioè Nanni Moretti), anche sotto gli abiti scuri di don Carlo si intravedono i personaggi nevrotici e incompresi che lottano contro le difficoltà della vita che Verdone ha interpretato da Borotalco in poi. Sebbene diverso dal film di Moretti anche Io loro e Lara usa la figura del prete per parlare di tutto tranne che di religione, i due personaggi compiono anche un percorso simile (arrivo da un luogo lontano, scoperta dello stato delle vite dei propri cari incompatibile con la propria professione, frustrazione, ritorno nel luogo lontano) sebbene con spirito diametralmente opposto perchè don Carlo cerca materialmente di risolvere i problemi che lo circondano e non di trovare un più astratto equilibrio per fare il proprio lavoro.
Carlo Verdone questa volta mette la meschinità al margine del proprio film riservandola per i caratteri di contorno, al centro c'è l'etica e la morale del suo don Carlo, che perfetto non è, nè tantomeno incrollabile nella sua aderenza ai dogmi cristiani ma sa bene cosa è giusto e cosa no. E forse è proprio questa consapevolezza, che è anche del regista, a rendere Io loro e Lara una delle opere meno incisive di Verdone, il quale si allontana dal grottesco degli altri preti che aveva interpretato per arrivare ad una figura talmente ordinaria da essere impalpabile. Volendo assolvere "una certa parte della chiesa" (quandomai avremmo sperato di sentire una frase di tale ragionevolezza pronunciata apertamente nel nostro paese?) finisce per dipingere un uomo normale in abiti talari e non viceversa come vorrebbe. Solo in piccoli fugaci momenti sembra di intravedere l'aggressività e la poca pietà nei confronti dei propri personaggi che l'avevano reso interessante in passato.
Ma se don Carlo può essere oggetto di discussione il resto del film è ricco di piccole grandi lacune. Le gag riescono ad essere divertenti unicamente in presenza del regista/autore (e della sempre impeccabile Angela Finocchiaro) e solo quando sono il frutto delle improvvisazioni sul set, la scrittura dell'intreccio è un puro pretesto utile ad accostare situazioni che prestano il fianco a facili sketch (vedi la cena con la psicologa) e infine la risoluzione finale positiva al massimo presenta i problemi visti lungo tutto il film come già risolti senza averne mai messo in scena il processo risolutivo.

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