Giovedí 09.04.2009 13:42

Le immagini dell’ospedale San Salvatore di L’Aquila, evacuato e dichiarato inagibile subito dopo il sisma che ha sconvolto il capoluogo abruzzese, hanno fatto il giro del mondo, ma mentre il mondo politico e la stampa si dividono tra chi invita a non far inopportune polemiche mentre ancora si scava per salvare vite umane e chi già fa presente l’ennesimo scandalo italiano per un edificio costato, secondo il rettore dell’università aquilana, Ferdinando di Orio, “nove volte più del necessario”.
Un autentico pozzo di San Patrizio, par di capire, cui per anni hanno attinto in tanti, compresa l’ultima azienda coinvolta nel progetto, l’allora Cogefar (all’epoca impresa della galassia Fiat), oggi nota come Impregilo (società che dopo essere stata a lungo controllata dalla famiglia Romiti attraverso Gemina fa attualmente capo ai gruppi Benetton, Gavio e Ligresti attraverso Igli), che nel 1991 si aggiudicò la gara per la messa in funzione dell'ospedale assieme ad altre imprese, come ammesso oggi da un portavoce.
Non ci voleva molto per scoprirlo, in verità, visto che sul sito istituzionale della società, alla pagina relativa alla business unit “edilizia ospedaliera” si legge tuttora che “in questo settore la società ha realizzato sia in Italia che all’estero importanti e moderni complessi ospedalieri” tra cui vengono citati, per l’Italia, l’ospedale di Lecco, l’Istituto Oncologico Europeo di Milano, l’ospedale di Modena, quello di Careggi, quello di Poggibonsi, quello della Versilia, l’ospedale di Destra Secchia e “inoltre, ospedali a L’Aquila, Cerignola e Menaggio”.
Memore forse delle polemiche già sorte negli anni per gli appalti vinti per la Tav, per l’inceneritore di Acerra e per il Ponte di Messina, Impregilo ha peraltro subito precisato: “Noi abbiamo fatto gli impianti elettrici e meccanici, sistemato gli arredi, gli equipaggiamenti medicali, le opere di finitura e costruito ex novo due strutture: una scuola per infermieri e un asilo nido”. Nulla a che vedere con le opere crollate, dunque.
Una precisazione che per il momento pare soddisfare i mercati, visto che il titolo del gruppo presieduto da Massimo Ponzellini (dato in rampa di lancio per la presidenza di Banca Popolare di Milano), il cui fatturato dipende del resto ormai per il 65% da opere realizzate sui mercati esteri (il gruppo è attivo in 28 paesi), dopo aver aperto la giornata in ribasso di oltre il 2% ha chiuso in recupero sopra i 2,14 euro, arrotondando oltre al 20% il recupero messo a segno nel corso dell’ultimo mese.

Luca Spoldi

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